Nuove sfide nel coaching sportivo: neuroni specchio e modellamento

Nuove sfide nel coaching sportivo: neuroni specchio e modellamento

mental-coaching-calcio-242x300E’ da tempo che studio i neuroni specchio e finora ho applicato le conoscenze acquisite per gran parte in campo comunicativo e relazionale. Molte volte mi interrogo sugli stupefacenti risultati  delle applicazioni pratiche che ho personalmente testato di tale scoperta in campo sportivo, ed è forse giunto il momento di aprire una discussione. Da anni, seppur in modo limitato rispetto alla mia attività nelle aziende, preparo alcuni atleti di varie discipline sportive sfruttando le conoscenze derivanti dalle scoperte del famoso team di scienziati di Parma, unite alle conoscenze di PNL Nuovo Codice e ad alcune tecniche di respiro derivanti dallo Yoga, ottenendo risultati davvero entusiasmanti:

spesso si sottovaluta la potenza dell’osservare in un certo modo l’azione altrui e soprattutto si sorvola sul potere condizionante di tali atti verso l’osservatore.

Le azioni degli altri “risuonano” in noi tanto da predisporci a “viverle”, seppur a livello potenziale: l’apprendimento nei bambini avviene anche da questo, attraverso complessi processi di osservazione-imitazione. Anche gli adulti possono continuare ad apprendere in questo modo, solamente che non sono abituati a “selezionare” i modelli da imitare né le caratteristiche selettive di tali modelli.

Chi proviene dal nord Italia e si reca al sud, dopo qualche giorno avrà iniziato a modificare leggermente il proprio accento, lo avrete sicuramente sperimentato su voi stessi e osservato in altri. E così anche se una persona del sud si reca al nord. Per ottenere un buon accento di una lingua straniera l’ideale è studiarla all’estero. Come mai noi “acquisiamo” un accento diverso senza nemmeno accorgercene?  Lo acquisiamo per modellamento. Ora cercherò di spiegarmi meglio e nel modo più sintetico possibile.

Per fare un esempio, mi rivolgo a chi di voi abbia praticato seriamente uno sport oppure suonato uno strumento musicale, o frequentato un corso di ballo o di qualsiasi disciplina/arte che preveda un movimento (e la possibilità di imitazione): avete mai osservato dal vivo un “campione”, un soggetto eccellente mentre praticava quella disciplina? A seguito di questa osservazione, avete per caso capito qualcosa in più rispetto a prima?

E ancora, dopo aver osservato il “campione”, il vostro modo di praticare tale disciplina è cambiato o migliorato sensibilmente?

Se la risposta è “sì”, avete sperimentato direttamente qualcosa di naturale quanto straordinario: avete acquisito tali abilità per modellamento (esatto, come per l’accento!). Si può fare, ed è una cosa che tutti tendono a sottovalutare: eppure basterebbe imparare dai bambini. Chi si propone come coach sportivo non può più prescindere da tali strumenti.

Pensate che questo tipo di “acquisizione” può essere addirittura pilotata, gestita, orientata per ottenere miglioramenti veramente significativi nelle discipline in cui viene applicata, e in un tempo relativamente limitato.

Badate bene che si possono acquisire inconsapevolmente sia i caratteri migliori che, purtroppo, quelli peggiori! Per questo occorre un forte allenamento sulla consapevolezza dell’osservazione selettiva. In un team di atleti ci sono elementi più o meno eccellenti: chi modellerà chi? Sono meccanismi che, se guidati in modo consapevole, possono fare una grande differenza sulle performance della squadra.

Avete mai visto uno sportivo che, rivolgendosi agli altri prima di una partita, urla “Dai! Forza! Oggi vinciamo!” e batte le mani per incitare gli altri, ma dai suoi occhi traspare il terrore di perdere?  Questa sua incitazione (a parole e a gesti) in realtà involontariamente  concentra l’attenzione di tutti gli altri verso il suo terrore di perdere.  Con effetto di “contagio” emotivo del terrore stesso.  E’ inutile voler motivare gli altri se non si hanno strumenti per gestire innanzitutto il proprio stato d’animo.

Negli sport di squadra, addirittura, esiste un modellamento collettivo, in cui il gruppo genera uno “stato d’animo comune e condiviso” e la prestazione intera ne verrà fortemente condizionata (anche i tifosi, guardando la squadra giocare, ne “colgono” facilmente lo stato d’animo, vi è mai successo?).  C’è un vero e proprio contagio emotivo che non nasce da una semplice motivazione (spesso generata in modo incongruente), ma da una consapevole e proattiva attenzione alla qualità dello stato d’animo. Il passaggio successivo è: gli elementi della squadra continueranno ad attendere che il loro umore cambi cercando negli altri (o nell’allenatore) uno spunto per migliorare il loro atteggiamento in campo, oppure saranno finalmente dotati di strumenti autonomi per cambiare attivamente il proprio stato e la propria consapevolezza atletica (influenzando fortemente tutti gli altri) in modo consapevole ed orientato?

Sembra incredibile… ma si può fare. La buona notizia? E’ anche relativamente semplice.