Gli occhi di un bambino

Gli occhi di un bambino

Su segnalazione di un caro amico riporto un articolo apparso su “il Giornale” il 15 agosto 2011 a firma Marcello Veneziani.

faro

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Ascoltavo di nascosto un padre che indicava il faro a suo figlio e gli diceva: “quello si chiama faro, lampeggia sul mare, così le barche di sera e le navi di notte vedono da lontano dov’è il porto”.

Mi sono messo nei panni del bambino e ho immaginato con i suoi occhi sognanti la frase di suo padre. Quanta magia era racchiusa in quelle parole semplici per il suo sapere sorgivo. C’è il mistero della notte e della lontananza, il fascino pericoloso del mare, il rifugio nella stiva, l’insidia urlante dei venti, l’incanto sovrumano delle stelle, la nostalgia di casa, l’occhio magico del faro, la luce materna della terra che richiama casa.

Ho visto con la sua meraviglia i marinai in alto mare alle prese con le cime e i flutti, in piena notte, che vedono da lontano quella luce e si rincuorano. Senti il sapore della vita, i suoi schizzi e le sue onde, spiegato ai nuovi arrivati; è l’avventura umana nel cosmo che cerca riparo e ristoro nella notte; è lo stupore di venire alla luce, come si dice pure della nascita. C’è la gerarchia della vita nella distinzione di suo padre tra le barche della sera e le navi della notte: le prime, minorenni, rincasano al primo buio; le altre, maggiorenni, si permettono di star fuori la notte. Una visione del mondo mitica e astrale si posava sui suoi occhi stregati mediante quella luce che fendeva il buio per un istante. Come due fari nella notte, gli occhi del bambino si spalancavano alla vita e in un baleno capivano la sorte.

(Per uscire dalla crisi ci mancano i bambini, i sogni, i fari).

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Il magistrale pezzo rende l’idea di quanto valga la pena fermarsi ed osservare. Fermarsi ed ascoltare. Gli altri, e se stessi. “Ho visto la sua meraviglia”, scrive. E’ una cosa alla quale le persone  sono sempre meno allenate, purtroppo.

Vedere la meraviglia negli altri e comprenderla.

Quanta profondità nel carpire i pensieri di quel bambino, quanta dedizione in un adulto che lascia liberare la propria fantasia anche se da anni la società cerca di addormentarci affinché non ascoltiamo certe nostre voci, certe nostre fantasie, certe nostre bellezze.

La società, nella sua corsa sfrenata verso non si sa che cosa, a volte dimentica che esiste l’autenticità del pensiero puro, scevro da sovrastrutture e totalmente orientato alla meraviglia dell’apprendimento, dell’immaginazione, della scoperta interiore e dell’ascolto più profondo.

Complimenti.