Abbiamo già visto in precedenza che i neuroni specchio esistono anche nelle aree del cervello adibite alle emozioni, di conseguenza essi ci permettono di riconoscere le emozioni degli altri, semplicemente osservandoli. Quando osserviamo un altro individuo, questi mirrors si attivano facendoci provare, almeno in parte, le emozioni che sta provando colui che stiamo osservando. Come per i mirrors “motori”, anche questi mirrors “empatici” si attivano sia quando proviamo un emozione, che quando osserviamo qualcuno provare la stessa emozione. Questa straordinaria scoperta fornisce quindi una base neurofisiologica, comprensibile e studiabile, all’empatia.
Le possibili implicazioni pratiche sull’esistenza dei mirrors e il loro funzionamento nella vita quotidiana sono numerose e descritte nel libro “io sono il tuo specchio: neuroni specchio ed empatia”.
In questo post vorrei porre il focus su una particolare situazione: il rapporto medico-paziente. In questo tipo di relazione l’empatia è una questione assai delicata in cui da una parte si trovano i bisogni del paziente, spaventato e in cerca di rassicurazione, dall’altra il medico che deve porre attenzione al non coinvolgersi troppo nella sofferenza del paziente e perdere di conseguenza la sua lucidità.
In quest’ultimo caso si parlerebbe quindi di sim-patia, che è il provare la stessa emozione degli altri, condividendola, a differenza dell’empatia, che è solamente il comprendere l’emozione altrui.
Spesso la questione viene risolta dal medico “troncando” di netto l’empatia (e la relativa comprensione dello stato interiore altrui), e adoperando un distacco che spesso dal paziente viene percepito come freddo e cinico. Questo atteggiamento da parte del medico è comprensibile, poichè la scoperta dei mirrors ci rivela che quando osserviamo un altro individuo soffrire, pure in noi viene evocata la sofferenza, e per un medico che deve passare la intera giornata vicino ai pazienti questo diventerebbe insostenibile.
Purtroppo questo tipo di “distacco forzato”, di esclusione empatica, porta spesso ad atteggiamenti che creano traumi nel paziente, gettandoli in una condizione di stress psicologico, che sicuramente non può giovare alla loro situazione. La cosa interessante è che proprio attraverso la comprensione del funzionamento dei mirrors possiamo renderci conto che l’emozione che ci raggiunge quando osserviamo un altro individuo, è sì reale e intensa, ma pure ricordarci che noi stiamo semplicemente “specchiando” l’emozione di chi guardiamo e che, anche se ne partecipiamo, non ci appartiene. Infatti ciò che consuma e sfinisce il medico nel processo empatico è l’eccessivo coinvolgimento, che porta a vivere le emozioni del paziente come se fossero le sue, fino a diventare appunto “simpatia”. Da questo possiamo dedurre che esiste una possibilità intermedia, un equilibrio, tra il distacco totale e l’eccessivo coinvolgimento. Come si fa?
Ricordandoci che le nostre emozioni sono lo specchio di chi sta comunicando con noi, di chi stiamo osservando, possiamo usare questo specchio (il sistema specchio empatico) come una specie di “organo di senso empatico”, che permette di raccogliere dati “neutri” sullo stato emozionale del paziente; di conseguenza avere la possibilità di “curare” anche questo stato emozionale utilizzando le parole, i toni e gli atteggiamenti adatti caso per caso (calibrazione del messaggio verbale, paraverbale e non verbale), senza essere segnati dalla partecipazione alla sofferenza, e riducendo nel contempo i traumi e lo stress psicologico nel paziente.
Quello che normalmente sfugge alla nostra attenzione è che il mondo emozionale delle persone, in questo caso stiamo parlando di pazienti, è ricco di informazioni preziosissime per il medico, sia in fase di diagnosi, di cura, che in fase di recupero. Questi “dati emozionali” sono troppo preziosi, anche per il loro potere di sintesi sullo stato generale del paziente, per essere ignorati operando un eccessivo distacco e cinismo o per passare inosservati perdendo la lucidità a causa di un eccessivo coinvolgimento medico/paziente.
Lo studio e la comprensione dei meccanismi dell’empatia emersi con la scoperta dei mirrors possono fornirci gli strumenti necessari a sviluppare un miglior utilizzo dell’empatia stessa, allenando la nostra capacità di cogliere i dati provenienti dal nostro sistema specchio empatico pur senza identificarci con essi, e mantenendo così la visione lucida di ciò che sta accadendo nel mondo interiore di chi ci sta di fronte.
Questo ci avvicina anche ad ottenere quella tanto utile libertà emotiva che riuscirebbe a distaccarci da coloro i quali, incontrati quotidianamente, operano inconsapevolmente nei nostri confronti un contagio emotivo di tipo negativo, rovinandoci spesso le giornate.
Buon allenamento.
Matteo Rizzato e Davide Donelli